giugno 2015
Push, Pull and Legs

La routine del Push, Pull and Legs è forse una delle più longeve nel mondo del body building. Presentata già nel 1940 su riviste di settore, come Strenght and Health, si basa sulla strategia di raggruppare nella stessa seduta i muscoli sinergici ovvero quei muscoli che concorrono all’esecuzione di movimenti complessi (come la spinta o la trazione), in modo da ottimizzare il volume, accorciare i tempi di allenamento e favorire il recupero muscolare tra le sedute.
Concentrare nella stessa seduta l’allenamento dei muscoli sinergici, consente di ottimizzare il volume ed il tempo di allenamento e favorisce il recupero.
Tale metodica prevede quindi la stimolazione del petto, delle spalle e dei tricipiti, sinergici nel movimento di spinta (push), in una prima seduta; del dorso e dei bicipiti, sinergici nel movimento di trazione (pull), in una seconda; e infine delle gambe, in una terza seduta.
Per fare un esempio pratico, dopo aver eseguito delle spinte su panca piana e delle spinte da seduto, il tricipite sarà già stato abbondantemente stimolato. A questo punto potrà essere sufficiente un solo esercizio dedicato al tricipite per completare l’allenamento.
Ciò consente un ottimizzazione del tempo e delle risorse impiegate, che si traduce in un minore stress sistemico indotto dall’allenamento.
Nelle sedute successive, inoltre, i muscoli precedentemente allenati non saranno coinvolti attivamente. Questo permette un più completo recupero muscolare.
Rispettando i necessari tempi di recupero, infatti, prima che una seduta si ripeta, possono trascorrere indicativamente 6-9 giorni. (si consiglia la lettura dell’articolo “L’organizzazione dell’allenamento in split routine”).
Un'interpretazione impropria del Push and Pull
Questa tecnica oggi viene spesso riproposta in modo improprio in diverse varianti.
Contrariamente a quanto previsto dal metodo originale, è abbastanza frequente imbattersi in allenamenti, definiti erroneamente come Push and Pull, organizzati in split routine, dove nella stessa seduta vengono allenati gruppi muscolari responsabili della spinta e gruppi muscolari responsabili della trazione.
Nella stessa seduta, quindi, sono raggruppati petto e flessori del braccio e in un’altra seduta dorso ed estensori del gomito.
Così facendo il lavoro a carico dei muscoli delle braccia cresce in volume, determinando di fatto una maggiore durata delle sedute e un maggior consumo di risorse, rendendo di fatto meno economico l’allenamento.
Il rischio di una routine così organizzata è quello di provocare un accumulo di fatica a carico delle braccia, che diventerebbero l’“anello debole” durante gli esercizi di spinta e trazione, compromettendo la stimolazione degli altri muscoli coinvolti nell’esercizio.
Ad esempio un accumulo di fatica a carico del tricipite brachiale, si ripercuoterebbe negativamente sulla capacità di stimolazione del gran pettorale. Lo stesso ragionamento sarebbe valido per l’affaticamento a carico dei flessori del braccio, che comprometterebbe la capacità di stimolazione del dorso.
Mantenendo questa routine per un lungo periodo (diversi mesocicli consecutivi) si potrebbe facilmente osservare una risposta negativa in termini di calo della prestazione e de-condizionamento muscolare.
In questo caso, soltanto un periodo di riposo e la riorganizzazione dell’allenamento possono riportare l’organismo alla condizione necessaria per riprendere a progredire.
Ad un peggioramento della performance, invece, spesso il soggetto reagisce in modo diametralmente opposto ovvero aumentando i volumi o la frequenza degli allenamenti. In questo modo entra inevitabilmente in un circolo vizioso che conduce verso una sindrome da overtraining (sovrallenamento).
Organizzare la routine raggruppando nella stessa seduta l’allenamento di muscoli responsabili della spinta e della trazione potrebbe essere controproducente.
Va precisato tuttavia che una suddivisione in split routine organizzata in modo che nella stessa seduta vengono allenati gruppi muscolari responsabili della spinta e gruppi muscolari responsabili della trazione, non è sempre sconsigliata.
Per l’allenamento di un neofita, ad esempio, che si mantiene ben al di sotto del cedimento muscolare, potrebbe essere utile mantenere un volume di lavoro più alto e stimolare gli stessi gruppi muscolari con più frequenza, facendoli lavorare attivamente in più sedute di allenamento, ad un’intensità contenuta.
Push, Pull.... and LEGS!
Sebbene la strategia di raggruppare nella stessa seduta i muscoli sinergici bene si applichi alla suddivisione dell’allenamento per la muscolatura superiore del corpo, per gli arti inferiori perde la sua validità.
Gli esercizi pluriarticolari, come squat, stacchi e affondi, fondamentali per un’efficace stimolazione muscolare, infatti, coinvolgono la gran parte della muscolatura degli arti inferiori.
Gli ischiocrurali, ad esempio, per la loro natura di muscoli biarticolari, concorrono sia all’estensione dell’anca, sia alla flessione del ginocchio. Allo stesso modo, il gastrocnemio, oltre ad essere responsabile della flessione plantare della caviglia, concorre alla flessione del ginocchio.
Risulta quindi impossibile raggruppare in una stessa seduta i distretti muscolari che compiono una determinata azione, isolandoli dal resto della muscolatura degli arti inferiori.
Per questa ragione, nella routine originale del Push, Pull and Legs, l’allenamento delle gambe è concentrato in un’unica seduta.
Vale la pena sottolineare che l’allenamento degli arti inferiori, spesso trascurato dagli utenti delle palestre, è di assoluta importanza al fine di mantenere il corpo efficiente e proporzionato, ottenere una risposta ormonale anabolica ed elevare il metabolismo di base.
Data la dimensione dei gruppi muscolari coinvolti, è bene tenere in considerazione che l’allenamento delle gambe potrebbe richiedere un maggiore tempo di recupero, che aumenta in funzione dell’intensità della seduta.