a cura della Redazione SNPT
La forza muscolare, definita generalmente come la capacità di opporsi o di movimentare un carico tramite una contrazione muscolare, è un fattore importante da cui spesso dipende il successo nelle prestazioni atletiche e che, più in generale, contribuisce a mantenere alta la qualità della vita.
Un rapporto di forza equilibrato, sia tra gruppi muscolari opposti che tra gli arti, è essenziale per garantire stabilità articolare, ridurre il rischio di lesioni e mantenere prestazioni ottimali [1].
Per tale motivo, andrebbe sempre ricercato il cosiddetto equilibrio strutturale, ossia l’armonia tra muscoli agonisti e antagonisti oltre che la simmetria tra gli arti, attraverso una corretta selezione degli esercizi di resistenza o dei gesti compiuti nell’allenamento.
Il tutto al fine di migliorare le performance e ridurre le probabilità di incorrere in infortuni, soprattutto per quegli atleti che, per la natura dei movimenti ripetuti, potrebbero esservi più esposti.
Vari studi, infatti, dimostrano come le esigenze di alcuni sport (tra cui ad esempio il powerlifting o il salto in alto) possano alterare i rapporti di forza naturale fra gli atleti, provocando squilibri strutturali che si traducono in rapporti di forza sbilanciati sia tra agonisti e antagonisti [2,3], sia nella produzione di forza tra gli arti [4].
È importante perciò che il personal trainer o l’allenatore riconoscano tale fenomeno e sappiano valutare se lo squilibrio sia funzionale all’attività sportiva oppure dannoso, per impostare quando necessario un programma di allenamento che consenta di bilanciare la forza e la mobilità dei segmenti corporei coinvolti.
Ma cos’è lo squilibrio muscolare, come si manifesta e in che modo può essere prevenuto?
Vediamo di approfondire tale concetto e mostrare alcuni casi studio pratici a riguardo.
Cosa si intende per squilibrio muscolare?
Lo squilibrio muscolare è stato descritto sia come un fallimento della relazione tra agonista e antagonista [5], sia come lo squilibrio di forza tra le due metà del corpo [6].
Molteplici fattori, tra cui esigenze sportive specifiche e dipendenza eccessiva da un lato del corpo, possono contribuire allo sviluppo di asimmetrie di forza all'interno del sistema muscolare e avere quindi un effetto sulle prestazioni di un atleta e aumentare il rischio di infortuni.
È stato infatti postulato che più debole o più squilibrato è un gruppo muscolare, più è soggetto a lesioni [9,10].
Tali squilibri muscolari possono portare a cambiamenti nell'artrocinematica e nei modelli di movimento, che nel tempo possono causare danni strutturali. Deficit di flessibilità o forza in un muscolo agonista, ad esempio, devono essere compensati da muscoli antagonisti o sinergici e possono portare a disfunzioni e/o patologie [11], così come a una maggiore incidenza di infortuni [12].
In realtà, è stato dimostrato che lo squilibrio della forza muscolare si verifica sia negli atleti che nei non atleti [13]: secondo alcuni autori [14], ad esempio, gli squilibri di forza sono naturalmente presenti a riposo e lo sviluppo di un lato come dominante è naturale.
Tuttavia, tali squilibri possono essere esacerbati con un'attività prolungata.
Ad esempio, un individuo può allenare eccessivamente i muscoli del torace per scopi estetici e trascurare un allenamento sufficiente della muscolatura della schiena durante una tipica routine di esercizi.
Vari autori hanno anche postulato che i comuni programmi di allenamento con i pesi sono spesso sbilanciati verso grandi gruppi muscolari come i pettorali e i deltoidi, trascurando i muscoli responsabili della stabilizzazione, come i rotatori esterni della spalla e il trapezio inferiore [15]. Ciò potrebbe potenzialmente causare uno squilibrio che porterà al deterioramento posturale e a patologie della spalla [16,17], come la sindrome da conflitto subacromiale [18].
Differenze di forza tra gruppi muscolari opposti negli sportivi
I dati sulla forza tra agonisti e antagonisti vengono comunemente analizzati a causa della loro associazione con lesioni e prestazioni [19].
Determinati equilibri di forza tra gruppi muscolari opposti (ad esempio, i muscoli ischiocrurali e il quadricipite) o azioni (ad esempio, rotazione interna ed esterna della spalla) sono fondamentali per migliorare le prestazioni sportive o limitare la probabilità di lesioni.
Se un muscolo o un'azione di movimento è marcatamente più forte del muscolo o dell'azione di movimento opposto, infatti, le prestazioni potrebbero essere compromesse e potrebbero verificarsi strappi muscolari nei muscoli più deboli [20,21,22].
Va sottolineato che non è la troppa forza di un muscolo a costituire un problema, ma bensì la debolezza del suo antagonista. La compensazione deve quindi sempre avvenire attraverso un’azione di rinforzo del muscolo debole e mai decondizionando il muscolo forte.
Uno studio [23] ha riportato un'aumentata incidenza di stiramenti dei muscoli ischiocrurali nei giocatori di football che possedevano quadricipiti marcatamente più forti. Ciò può essere dovuto al fatto che i muscoli posteriori della coscia antagonisti non possiedono forza sufficiente per frenare adeguatamente l'arto inferiore durante un rapido movimento di estensione del ginocchio.
Altri autori hanno invece dimostrato come atleti di sport di lancio abbiano una maggiore probabilità di affaticamento della cuffia dei rotatori, i cui muscoli esterni, più piccoli e più deboli, non possiedono forza sufficiente per frenare o contrastare le forze prodotte dai rotatori interni durante i rapidi movimenti di lancio [24,25,26,27].
Lo stesso vale per gli sport che comportano pressioni e trazioni con gli arti superiori contro un avversario o un attrezzo (arti marziali, rugby, ginnastica), in cui grandi discrepanze nella forza in entrambe le azioni di movimento possono aumentare le probabilità di lesioni alla spalla [28].
Le azioni di movimento opposte richiedono un certo equilibrio di forza, in modo che i muscoli antagonisti possano frenare gli agonisti nei movimenti rapidi degli arti.
È stato infatti dimostrato che l'aumento della forza dei muscoli antagonisti aumenta la velocità di movimento e la precisione degli arti nei movimenti balistici rapidi: viceversa, se le forze prodotte in un muscolo o nell'azione di movimento dominano largamente su quello antagonista o sull'azione opposta, presumibilmente la velocità e la precisione dell'arto sono compromesse e ciò pregiudicherebbe le prestazioni sportive [29,30].
Agonisti e antagonisti: squilibrio muscolare come adattamento all’allenamento
Per quanto riguarda nello specifico l’allenamento contro resistenza, uno studio del 2017 [31] ha esaminato i rapporti di forza tra muscoli agonisti e antagonisti tra i powerlifter.
I risultati hanno mostrato come l’attenzione di questi ultimi alla massima prestazione di forza in 3 sollevamenti specifici (distensione su panca, squat e stacco) possa predisporli allo sviluppo di squilibri muscolari.
Relativamente agli arti superiori, gli adduttori orizzontali della spalla si sono dimostrati essere sproporzionatamente più forti rispetto agli abduttori orizzontali: tale squilibrio muscolare, spesso collegato a un aumento del rischio di lesioni alla spalla, è probabilmente il risultato di una routine di esercizi che pone un volume maggiore su esercizi di spinta, trascurando la parte superiore della schiena.
Questo indica la necessità di incorporare più esercizi di trazione e remata, per mantenere la forza di abduzione orizzontale.
Relativamente agli altri inferiori, invece, è stata rilevata una differenza nel rapporto tra flessori ed estensori del ginocchio, con muscoli posteriori della coscia più forti rispetto ai quadricipiti, che può essere ritenuta responsabile delle lesioni lombari e del ginocchio (che rappresentano le lesioni più comuni subite dai powerlifter dopo quelle che interessano la spalla [32]).
È però anche emerso come un esercizio a catena chiusa, come lo squat, porti al mantenimento dell'appropriato rapporto di forza tra i muscoli anteriori e posteriori della coscia [33], e che la sua esecuzione favorisca un rapporto di forza ottimale e una maggiore stabilità del ginocchio.
Squilibri controlaterali e infortuni nello sport
Le prestazioni atletiche richiedono azioni motorie diverse: in molti sport, i modelli di movimento sono costituiti da movimenti bilaterali degli arti inferiori (ad esempio i già citati powerlifter) o movimenti unilaterali (saltatori o giocatori di basket).
Tuttavia, fare affidamento su tali richieste di movimento può causare squilibri muscolari all'interno del corpo, che si traducono nella predominanza di forza di una metà del corpo.
Questo potrebbe promuovere prestazioni diseguali e portare a uno scarso sviluppo delle capacità motorie bilaterali, riducendo la variabilità delle strategie di movimento dell’atleta. Fattore che potrebbe limitare lo sviluppo tecnico specifico dello sport ed esporre ad infortuni da “overuse”.
L'esecuzione ripetuta di compiti da parte di un arto può causare adattamenti neuromuscolari, come innervazioni neurali e attivazione muscolare [35], e cambiamenti tissutali, come sviluppi ossei e ipertrofia muscolare [36,37], che migliorano o diminuiscono le prestazioni fisiche degli arti.
Vari studi hanno esaminato le modalità in cui le diverse esigenze specifiche di uno sport porterebbero all'uso sproporzionato di ciascun arto.
Knapik et al. hanno condotto una ricerca su delle atlete collegiali, mostrando che uno squilibrio bilaterale della forza del 15% o più nell'estensione dell'anca o nella flessione del ginocchio era associato a un rischio più elevato di lesioni [38].
Altri autori si sono invece focalizzati sul confronto dello squilibrio della forza muscolare nei powerlifter e nei saltatori [39]: i primi (con predominanza bilaterale) e i secondi (con predominanza unilaterale) sono stati reclutati e valutati utilizzando un salto verticale.
I risultati hanno mostrato differenze nella simmetria degli arti, che sono state attribuite a comportamenti specifici per l'attività richiesta: ne consegue quindi che l’adattamento muscolare e neuromuscolare alle esigenze specifiche dello sport può essere responsabile di una differenza nella produzione di forza, associata a sua volta al rischio di lesioni negli atleti.
Conclusione
Una delle responsabilità imperative di un personal trainer o di un allenatore è quello di educare i propri clienti a compiere gesti ed esercizi corretti da un punto di vista tecnico ed esecutivo.
Non solo: è altrettanto importante che tali professionisti siano in grado di sviluppare programmi di allenamento efficaci e sicuri, sulla base delle caratteristiche psicofisiche del soggetto e dei gesti sportivi da compiere, nel caso essi siano atleti.
Data la vasta gamma di esercizi tra cui scegliere nel momento in cui ci si focalizza su determinati muscoli o gruppi muscolari, occorre fare scelte consapevoli che tengano sempre ben presente, tra i vari obiettivi, anche quello dell’equilibrio strutturale dell’individuo.
Secondo quanto esposto, esistono infatti prove sufficienti per suggerire come l’armonia e l’equilibrio muscolare siano in relazione con la salute articolare e l’efficienza motoria.
In particolare, riassumendo ciò che è emerso dai vari studi, è bene ricordare che:
- determinati equilibri nelle prestazioni muscolari tra agonisti e antagonisti della parte sia superiore che inferiore del corpo sono fondamentali per migliorare le prestazioni e ridurre il rischio di lesioni;
- la forza dei muscoli agonisti e antagonisti è importante per l'esecuzione di movimenti rapidi: muscoli antagonisti deboli possono limitare la velocità e la precisione degli arti durante i movimenti rapidi, e potrebbero portare a stiramenti muscolari o conflitti tendinei;
- gli allenatori di sport come il rugby, il wrestling, il judo e varie altre forme di arti marziali, in cui i giocatori devono sia respingere che trascinare con forza gli avversari, dovrebbero monitorare lo sviluppo della forza in entrambe le azioni (pressione/trazione);
- trascurare l'esistenza dell'asimmetria degli arti può compromettere le prestazioni degli atleti ed esporli ad infortuni. È importante che l'allenatore riconosca l'esistenza dello squilibrio di forza tra gli arti, specialmente per gli sport con contrazione predominante unilaterale.
Allenatori e personal trainer dovrebbero quindi operare una valutazione della predisposizione dei soggetti a uno squilibrio muscolare, sulla base dell’allenamento e dei gesti motori ripetuti.
Questo al fine di prevedere un programma il cui obiettivo sia quello di trovare il giusto compromesso tra miglioramento della performance e riduzione del rischio di infortuni, utilizzando esercizi aspecifici e complementari che permettano di mantenere un equilibrio strutturale, ma anche esercizi più specifici volti a migliorare le qualità motorie necessarie alla disciplina sportiva, limitando al contempo l’insorgenza di squilibri muscolari.
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