Uno squat efficace parte anche dalla mobilità della caviglia. Andrea Nardi ci mostra un esercizio semplice, un confronto prima/dopo e una prova pratica da integrare nel riscaldamento o tra le prime due serie. Un dettaglio che può fare la differenza.
di Andrea Nardi, docente SNPT
Quando si parla di squat, ci sono diversi dettagli da tenere in considerazione per garantire un’esecuzione efficace e sicura. Uno di questi – spesso trascurato – è la mobilità della caviglia.
Non è l’unico elemento da curare, ma può fare la differenza in termini di controllo, stabilità e qualità del movimento. Migliorare la dorsiflessione della caviglia significa piantare meglio il piede a terra, distribuire meglio il carico e mantenere una postura più funzionale durante tutta la fase eccentrica e concentrica del gesto.
Perché lavorare sulla caviglia?
Una caviglia rigida ci porta a compensare: sollevare il tallone, sbilanciare il bacino o perdere l’assetto della colonna. Tutto questo riduce l’efficacia del movimento e ne aumenta il rischio. Al contrario, una buona mobilità permette al ginocchio di avanzare senza perdere l’appoggio e senza compromettere l’integrità posturale.
L’affondo attivo: semplice, efficace, concreto
Nel video mostro uno degli esercizi che utilizzo spesso per questo obiettivo: l’affondo con spinta e respirazione diaframmatica.
I punti chiave:
- il tallone resta sempre a terra;
- il ginocchio può superare la punta del piede;
- il respiro aiuta il rilassamento e l’adattamento dei tessuti articolari.
L’obiettivo non è forzare, ma dare tempo e stimolo all’articolazione per guadagnare range.
Il confronto: prima e dopo
Nel test pratico ho lavorato solo sulla caviglia destra. Subito dopo, rieseguendo lo squat, la differenza è stata evidente: maggiore mobilità, più profondità e maggiore stabilità nel lato trattato.
Esegui 3 serie da 6-8 respirazioni diaframmatiche profonde, inserendole nel riscaldamento oppure come recupero tra le prime due serie di Squat.
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